mercoledì 30 luglio 2008

Viaggio in Botswana: stralcio dal mio diario di viaggio del 2000

Dedicato a Cicci Vesuvio e alla tuppa di LupoGigio delle Savane che si accingono a partire per il Botswana (sarà un grande viaggio!), ecco un brano tratto dal mio diario di viaggio di Diecimila Chilometri, da Città del Capo a Lamu, 100 giorni nel 2000 con mezzi di fortuna (tra cui il grande camion "Trevor"). Settembre 2000, in viaggio da 4 settimane La mattina ci alziamo di buon’ora e ci prepariamo per i tre giorni che trascorreremo nel delta dell’Okavango. L’Okavango è il fiume che non trova mai il mare. Parte dall’Angola per poi disperdersi in migliaia di chilometri di laguna, canali e isole, per poi sparire nelle sabbie del Kalahari. La Riserva Moremi Wildlife si trova al centro del delta ed è ricca di fauna selvatica. Peccato che sia impossibile trovare una sistemazione a prezzi abbordabili. La strategia per la conservazione delle ricchezze naturali del Botswana è semplicissima: prezzi esorbitanti. Per chi ha risorse limitate l’Okavango offre tuttavia ottime alternative alla Riserva Moremi. Due barche a motore ci attendono per condurci a Seronga, dove c’imbarchiamo per entrare nel delta. Seronga non dista molto da Moremi, ma essendo fuori dal parco nazionale è decisamente meno cara. È nuvoloso e fa freddino. Carichiamo il necessario per il campo nel delta. Dobbiamo portare le tende perché nel delta è rischioso dormire all’aperto. Portiamo con noi qualche pentola, le provviste, birra e acqua. Le barche a motore corrono veloci lungo il fiume, fa freddo e mi avvinghio a Brett che sta seduto davanti a me. Lina, dalla seconda barca, mi lancia occhiate rabbiose e Brett, che ha le spalle ampie, emana un bel calduccio. Toni si attacca a Jorge e Ruth a Grant. Le sponde del fiume sono ricoperte da una vegetazione fitta, riconosco solo i papiri. Una spiaggetta protetta da un’ansa del fiume nasconde un coccodrillo. L’Okavango è pieno di coccodrilli. Questo è piccolo, non sarà più di due metri. Ripartiamo e dopo tre quarti d’ora arriviamo a Seronga. Scarichiamo dalla barca e carichiamo di nuovo tutto su un camion che ci porta fino al punto di partenza della spedizione nel delta. Attraversiamo Seronga, un villaggio di mille abitanti dove ci fermeremo al rientro dal delta. Ci accoglie JB, che è uno dei due coordinatori dell’Okavango Polers Trust, un progetto di eco-turismo indipendente fondato dalla comunità di Seronga. Durante il percorso il camion si ferma varie volte per caricare i poler che ci accompagnano nelle paludi. I poler sono abitanti del delta che da sempre vi navigano con le imbarcazioni tradizionali. Fin da piccoli vengono abituati a pescare e sfruttare le risorse del delta, senza deturparlo. Salgono a bordo con piccole borse e lunghi pali. Qualcuno parla inglese. In pochi minuti raggiungiamo la palude e scarichiamo i nostri bagagli. Ci sono otto mekoro, otto poler e undici di noi, oltre a tutte le nostre mercanzie. Richard non è con noi. È rimasto a Sepopa a far manutenzione al camion. Ruth ha le occhiaie e sorride senza parlare. I mekoro sotto imbarcazioni lunghe e strette, molto basse, di legno o di fibra di vetro. Sono le sole imbarcazioni che possono navigare sul delta, dove i motori non sono consentiti, almeno non in questa parte. Una volta caricati i bagagli saltiamo a bordo anche noi. Non mi sorprende di ritrovarmi a dividere il mekoro con le stoviglie e un paio di borse, piuttosto che con uno dei miei compagni di viaggio. "Non ti lasceremo sola, domani facciamo cambio" borbotta Brett mentre si sdraia sul fondo del mekoro che divide con Grant. Mi allungo sul mekoro anch’io, le borse mi fanno da poggiatesta. Il sole non è molto forte. Il mio poler, Elia, ha una bella barba bianca e immerge vigorosamente il palo nell’acqua del delta. Filiamo leggeri e veloci tra le ninfee e i papiri. Elia non parla inglese, la nostra comunicazione si basa su gesti e sorrisi. Mentre godo del sole che diventa più forte, e riesco anche a togliermi uno dei maglioni, Elia rema. La situazione ha un che di decadente. Ci fermiamo ad uno slargo nel delta. Double, il capogruppo, ci spiega che il questa parte del delta non è un parco naturale. Ci sono molti animali tuttavia e probabilmente ne vedremo. Il delta è popolato da elefanti, antilopi, gazzelle, leoni, pitoni, coccodrilli, una grande varietà di uccelli e naturalmente da ippopotami. "Gli ippopotami possono essere pericolosi, dovete fare attenzione. Se ci attaccano, i poler sanno cosa fare, basta che non entriate in acqua e non facciate mosse brusche – il mekoro potrebbe ribaltarsi" Double ha un giacchettino di pelle anni settanta, un cappellino a stelle e strisce e un paio d’occhiali uscito da un telefilm di Starsky e Hutch. Sorride a noi e poi ci presenta ad uno ad uno i poler. Double si rivolge nella sua lingua ai polers e chissà cosa gli dice, e dal gruppo si sentono una serie di Mmmm, eeh. La nostra comunicazione con i poler sarà dunque basata su gesti e Mmm, eeh. Più tardi scopriamo che eheh in lingua Tswana significa si e che tutti gli africani usano eh eh in senso affermativo, indipendentemente dalla lingua che parlano. Riprendiamo a scivolare sull’acqua, silenziosamente. Il delta è formato da canali e canaletti, alcuni così stretti che un mekoro ci passa appena. Le erbe della palude sono alte in questa stagione e a tratti sembra che i mekoro navighino sull’erba. Sdraiata al sole, osservo la natura che ci circonda e lo sciabordio dell’acqua ha un effetto rilassante, molto rilassante. Ci vogliono più di tre ore per raggiungere l’isola che ci farà da campo base. Prima di montare le tende, Double ci riunisce e piega le regole del delta: "L’acqua del delta è potabile, basta che la prendiate in punti dove vi è corrente. I rifiuti che produciamo li bruceremo o porteremo via quando ripartiamo. Questo vale anche per i mozziconi di sigaretta. Uno dei poler sta scavando una buca che sarà la vostra latrina. Iene e sciacalli potrebbero essere attratti dall’odore, abbiate cura di gettare della terra prima di allontanarvi. Non allontanatevi dal campo senza che un poler vi accompagni. Il delta è insidioso." Eeh-eeh e montiamo le tende prima che faccia buio. Il campo è situato ad una cinquantina di metri dalla riva, in uno spiazzo tra acacie e altri alberi che non conosco. Un uccello in lontananza emette un verso curiosissimo, sembra dire "go-away", vattene. Per tutto il tempo in cui resteremo nel delta, quel verso ci accompagna durante il giorno. Double accende il fuoco, Ruth e le danesi preparano la cena. A Sepopa abbiamo comprato del ghiaccio e le birre sono fresche. Quando fa buio il cielo si accende di lucciole e la laguna si riempie di un suono di campanelli. Siedo vicino alla riva con Ruth e Toni e per qualche minuto ci lasciamo avvolgere dal canto delle rane “Jungle Bells”. Una zanzara mi passa a un millimetro dall’orecchio e mi rammenta che non siamo in un sogno, è tutto vero: il buio, le rane dal canto di campanelli, le lucciole, i grugniti e sbuffi degli ippopotami. Buon viaggi amici!

2 commenti:

Cicci Vesuvio ha detto...

STANDING OVATION!!!!!

Cristi ha detto...

Ollalà Cicci, non esageriamo!

Vedrò di mandarti qualche altro pezzo da leggere, se ti va.

Bacioni
C.